Nel 2021 il Governo ha varato il Decreto attuativo (ex-post Decreto “Milleproroghe”) destinando 71,5 milioni di euro – di cui 5,6 milioni di euro per il Piemonte, da utilizzare in due anni – all’avvio di una strutturata attività di screening a livello nazionale, fondamentale per individuare ed eliminare HCV responsabile dell’Epatite C. Come funziona e a che punto siamo in Piemonte? Lo abbiamo chiesto al Dr. Cosimo Colletta, Responsabile Servizio Epatologia, Medicina Interna Ospedale di Omegna, ASL Verbano-Cusio-Ossola.
Quanto è diffusa l’Epatite C in Italia?
In Italia l’Epatite C è la prima causa di cirrosi epatica, motivo di circa 10.000 decessi all’anno. Negli ultimi sette anni in Italia sono stati curati 240.000 pazienti con Epatite C, di cui 14.000 in Piemonte. Di questi, circa un terzo aveva una malattia severa, che le terapie precedenti non riuscivano a eliminare. Nel VCO (Verbano-Cusio-Ossola), però, grazie ai farmaci di nuova generazione introdotti dal 2014, oltre mille persone sono arrivate alla guarigione.
Il periodo di pandemia ha portato molte persone a rinunciare alle cure. Se nel 2019 in Regione Piemonte erano stati circa 3.000 i pazienti arruolati al trattamento, nel 2021 sono stati 1.157, con un calo superiore al 60%. È quindi importante sottolineare l’importanza di ricominciare a fare prevenzione, sottoporsi ai testi di screening e favorire l’accesso alle cure, anche attraverso l’implementazione di servizi online come “l’elimina code” già in uso in Piemonte.
Qual è l’andamento della malattia e come riconoscerla?
Si tratta di una malattia dall’andamento lento, che nella maggior parte dei casi non dà sintomi. Anzi, in un paziente su quattro anche le transaminasi, cioè gli enzimi che segnalano il danno epatico, risultano normali. In realtà la patologia non colpisce solo il fegato ma può essere alla base di numerosi altri problemi, come i linfomi.
Può compromettere il sistema immunitario, o influenzare il decorso di altre malattie, come il diabete. Per questo motivo l’epatologo deve operare in ottica multidisciplinare in sinergia con altri specialisti.
Infine, bisogna sottolineare che il suo decorso non è lineare nel tempo: è quindi importante controllare regolarmente la progressione del danno epatico, che può accelerare per motivi genetici o comportamentali. Una diagnosi precoce è alla base della cura e della guarigione, poiché oggi grazie ai farmaci di nuova generazione è possibile eradicare l’infezione in modo definitivo.
Quali sono le vie di trasmissione dell’Epatite C?
La malattia si trasmette per via ematica (ad esempio, condividendo aghi e siringhe, facendo piercing e tatuaggi in luoghi non adeguati, scambiando con altri oggetti personali come rasoi o spazzolini da denti), sessuale (le persone già venute a contatto con l’HIV hanno un rischio più alto di ammalarsi anche di epatite C) e trans-placentare.
Nell’ultimo caso, quello di trasmissione da madre a figlio, l’infezione viene acquisita dal 5% dei nascituri, perché il bambino generalmente acquisisce gli anticorpi in modo passivo ma se ne libera già al compimento del 12 mese di vita.
Chi dona e riceve sangue non deve preoccuparsi, poiché i donatori vengono sottoposti a screening e il sangue delle donazioni è sempre analizzato.
Perché è importante il programma di screening nazionale e a chi si rivolge?
Il programma di screening ha l’obiettivo di far emergere il sommerso, ovvero riconoscere tutte le persone che non sanno di essere malate e, di conseguenza, non sanno di essere a loro volta veicolo di trasmissione.
Consente di rilevare le infezioni non ancora diagnosticate, migliorando la possibilità di diagnosi precoce. Avviare i pazienti al trattamento per evitare le complicanze di una malattia epatica avanzata e di manifestazioni extraepatiche. E, infine, interrompere la circolazione del virus impedendo nuove infezioni.
In questa prima fase il programma si rivolge alle persone nate tra il 1° gennaio 1969 e il 31 dicembre 1989, compresi i cittadini stranieri temporaneamente presenti, ai soggetti seguiti dai Servizi Pubblici per Dipendenze (SerD) e ai detenuti in carcere.
Si tratta, in Piemonte di circa 1.100.000 persone di cui 43.000 nel VCO (Verbano-Cusio-Ossola), che su base volontaria possono sottoporsi a test gratuiti, senza bisogno di ricetta, che consentono di individuare il virus.
I test sono di tipo non invasivo, possono essere salivari o capillari rapidi (i “pungi dito”) e il referto si ottiene in pochi minuti.
Oppure, l’analisi può essere effettuata in occasione degli esami del sangue o in concomitanza con altri accertamenti medici. Alle persone che rientrano nel target dello screening gratuito verrà proposto di sottoporsi al test.
Cosa comporta la positività? Dall’epatite C si guarisce?
Chi risulta positivo verrà preso in carico dal Sistema Sanitario Nazionale e avrà accesso alle cure di nuova generazione che hanno rivoluzionato i trattamenti per questa patologia ottenendo percentuali elevate di cura.
Come prenotare lo screening gratuito?
Ritengo che sottoporsi gratuitamente allo screening sia un’occasione unica, da non sprecare per non vanificare lo sforzo organizzativo messo in campo della Regione. E con l’auspicio che dopo questa prima fase si apra la stessa possibilità anche per altre categorie di persone, come gli anziani. Anche chi è consapevole di aver contratto il virus ma, magari, si ritiene al sicuro per assenza di sintomi, dovrebbe approfittare di questa possibilità.
Le prenotazioni sono aperte, per maggiori informazioni è possibile rivolgersi al proprio medico curante o consultare le pagine dedicate dalla Regione Piemonte.
A Domodossola e Verbania gli ambulatori di epatologia sono a disposizione, tutte le informazioni sul sito dell’azienda sanitaria locale del VCO.
Fonte: lanuovaprovincia.it