Il cosiddetto «Modello Caserta» di cura e gestione dei malati di epatite C, che sta offrendo un contributo significativo all’obiettivo di eliminare il virus entro l’anno 2030 fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è un’esperienza messa a punto all’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Sostenuto dal direttore generale, Gaetano Gubitosa, e dal direttore sanitario, Angela Annecchiarico, è stato ideato ed è portato avanti dall’Unità operativa Malattie Infettive e Tropicali, guidata dal professor Paolo Maggi. Venerdì 2 luglio, il «Modello Caserta» approderà a Roma, per essere illustrato dal dottor Vincenzo Messina dell’Uoc Malattie Infettive e Tropicali all’evento istituzionale sul tema «Il posizionamento dell’Italia nella corsa per l’eliminazione dell’Epatite C. Accelerare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi dell’OMS», organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità allo scopo di mettere a sistema e condividere esempi virtuosi di diagnosi e presa in cura dei pazienti, coinvolgendo mondo scientifico, sanitario, politico e delle associazioni civili.
Tra gli esempi virtuosi spicca appunto il modello clinico-organizzativo di assistenza integrata e semplificata messo a punto a Caserta che, allo scopo di reclutare e curare il maggior numero possibile di malati, ha camminato e cammina lungo una triplice direzione: incoraggiare i pazienti, facilitando lo screening, snellendo il percorso di diagnosi prima e di accesso poi alla terapia eradicante dell’epatite C, fidelizzarli alla cura con un percorso di assistenza più breve; favorire le categorie svantaggiate, difficili e tradizionalmente esposte a un maggiore rischio di infezione: tossicodipendenti e popolazione carceraria, che vengono individuati e raggiunti, per la diagnosi e la terapia, grazie a un prezioso e sinergico lavoro in rete dell’Ospedale di Caserta con il Dipartimento delle Dipendenze (SerD) e l’Uoc della Tutela della Salute in Carcere dell’ASL di Caserta e con il Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria della Campania; sensibilizzare e avviare a terapia, all’interno dell’Azienda ospedaliera di Caserta, attraverso la fattiva e concertata collaborazione di tutte le Unità operative sia chirurgiche sia mediche, i pazienti che risultino positivi al virus dell’epatite C nel corso di un ricovero ospedaliero.
«Questo triplice approccio – commenta Vincenzo Messina – ci ha consentito di ampliare considerevolmente la platea dei soggetti da curare con gli antivirali ad azione diretta. Dal 2015 ad oggi l’Ospedale di Caserta, con le Unità operative Malattie Infettive e Gastroenterologia, ha trattato più di 3.000 pazienti». «Lo screening facilitato, l’accesso diretto alla terapia, nella nostra Unità operativa Malattie Infettive, per tutti i soggetti positivi al virus dell’epatite C, il coinvolgimento dei soggetti a maggiore rischio di infezione, sono una formula vincente – sottolinea il direttore sanitario Angela Annecchiarico -. Proseguire sulla strada imboccata ci consente di offrire una risposta adeguata al bisogno di salute della cittadinanza e, nel contempo, di rispondere all’appello dell’OMS di eliminare il virus entro l’anno 2030».
Pluripremiato, il «Modello Caserta» dell’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano ha vinto le edizioni 2018 e 2019 del premio Fellowship Program e lo SLTC 2019 di Valencia quale migliore esempio organizzativo e di avviamento a terapia. È stato, inoltre, citato nel Rapporto che il Boston Consulting Group ha stilato in materia nell’anno 2020. (fonte comunicato stampa)
Fonte: CorrieredelMezzogiorno.it