Asl Palermo: almeno 30mila i cittadini da individuare e screenare, una persona trattata guarisce nel 98% dei casi, in cura lo 0,3%
“La Regione Sicilia, che avrà a disposizione circa 6 milioni di euro per avviare lo screening gratuito dell’epatite C, ha una grande fortuna. Nel 2015 è partita con una Rete che prevede la presenza di 42 Centri che inseriscono i dati e i pazienti che hanno l’epatite C in un modello ‘Web based’. Siamo quindi in grado di contare tutto quello che succede”. Lo ha dichiarato Fabio Cartabellotta, direttore di Medicina al Buccheri La Ferla Fatebenefratelli, Responsabile Rete HCV Sicilia, intervenuto in occasione del corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie.
Il corso, dal titolo “Diagnosi e cura dell’epatice C nelle popolazioni speciali– La rete territorio-ospedale nell’area palermitana”, rientra nell’ambito di ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.
Cartabellotta ha aggiunto che “attraverso la Commissione che l’Assessorato alla Salute ha nominato, abbiamo l’obiettivo di coinvolgere i medici di medicina generale ed effettuare lo screening nella fascia di popolazione determinata dal Decreto Milleproroghe. Abbiamo inoltre l’obiettivo di condurre screening particolari nelle popolazioni speciali dove pensiamo che vi sia la maggior parte di sommerso ancora a disposizione. Sono queste le principali attività che cercheremo di portare avanti, oltre ad una campagna di informazione, indispensabile affinché i cittadini sappiano che, grazie all’arrivo di farmaci innovativi, c’è una cura per l’epatite C.”
Presente al corso anche Giorgio Serio, direttore Modulo 1 dipartimento Salute mentale ASP Palermo, direttivo nazionale FeDerSerD, che si è soffermato sul numero dei pazienti affetti da epatite C che afferiscono alla struttura del capoluogo siciliano e su quelli guariti grazie alle terapie. Serio ha spiegato che “l’uso iniettivo di sostanze è considerato il fattore di rischio più importante per la trasmissione di HCV. Quindi, all’interno dei Ser.T è presente il serbatoio principale di persone affette da HCV. È un serbatoio di persone ancora non del tutto identificato, le stime ci dicono che almeno il 20-30% degli utenti che noi seguiamo sono affetti da HCV.
Quindi nella sola Regione siciliana parliamo di almeno 10mila, 15mila persone in carico, ma bisogna anche tenere conto che i consumatori di sostanze iniettive ad alto rischio sono, in genere, tre volte superiori a quelli che si rivolgono ai servizi. Dunque, noi in Sicilia dobbiamo immaginare almeno 30mila cittadini che devono essere screenati e devono essere individuati per l’HCV”. Serio ha poi proseguito affermando che “bisogna tenere conto che un’ampia percentuale di persone tossicodipendenti che si trova in carcere non è del tutto ancora individuata. Infatti, c’è una progettualità specifica anche rispetto al carcere. La percentuale di detenuti tossicodipendenti a rischio di HCV in carcere aumenta e può arrivare anche al 50%”. L’esperto ha inoltre informato che “anche le percentuali di guarigione sono quelle della popolazione generale trattata: sono altissime nel momento in cui vengono trattate. Oggi la persona trattata guarisce nel 98% dei casi”.
Serio ha poi posto l’attenzione sui test rapidi come strumento per far emergere il sommerso, definendoli “una carta vincente ma nella misura in cui accanto al test rapido viene attivato un sistema di gestione e di attenzione nei confronti della persona a rischio di HCV che comprende varie iniziative. La sensibilizzazione del personale sanitario, che è a contatto con queste persone; la presenza sul campo diretta, lì dove c’è il paziente, sia del medico infettivologico che della disponibilità del test. Questo sia nei servizi sanitari che nelle carceri. In questo, il ‘Progetto Hand’ è particolarmente mirato, perché non si limita al test rapido ma è un intervento di prossimità, cioè è presente dov’è il paziente, e dove c’è il paziente che non è ancora diventato consapevole del rischio della possibile malattia che ha”.
Riflettori accesi, infine sui farmaci sui quali la Regione Sicilia e Palermo possono contare nella cura e nel trattamento di pazienti affetti da epatite C. Fabio Cartabellotta ha sottolineato che “la Rete HCV Sicilia, da questo punto di vista, è un fiore all’occhiello. Ci consente di misurare, esattamente, il numero dei pazienti che stiamo trattando. In Sicilia abbiamo in Rete, e quindi individuati, 20mila pazienti con l’epatite C, 16mila stanno facendo la cura. Siamo, però, un po’ lontani, considerando che la Sicilia ha cinque milioni di abitanti.
Se pensiamo che il 3% della popolazione, da vecchi studi epidemiologici, probabilmente pazienti anziani, ha l’epatite C, siamo ancora nettamente al di sotto della popolazione che dobbiamo trattare. Stiamo trattando lo 0,3% della popolazione e questo, quindi, ci evidenzia, la rete HCV Sicilia ce lo consente, di vedere che abbiamo una sottostima dei pazienti trattati e che molti ne dobbiamo ancora far emergere. Il sommerso è ancora enorme. Grazie agli studi sulla popolazione generale, al Decreto Milleproroghe e agli studi di prossimità speriamo di individuarli, perché abbiamo dei farmaci che sono veramente una innovazione incredibile e che consentono al 95%, 98% delle persone di guarire dall’infezione. E questo è veramente una cosa straordinaria”. Infine, uno sguardo su Palermo, dove “la situazione è tutto sommato uguale- ha precisato Cartabellotta- stiamo trattando lo 0,37% della popolazione, è un sommerso importante, la situazione della Sicilia è pressoché sovrapponibile in tutte le province. Ripeto, la Rete ci consente di monitorarlo e c’è ancora tanto lavoro da fare”, ha concluso.
Fonte: palermotoday.it