Dal 1° giugno 2022 è attivo in Lombardia lo screening opportunistico per la prevenzione delle malattie da HCV.
Ogni paziente nato tra il 1969 e il 1989 che è ricoverato o che fa una prestazione di prelievo riceve l’offerta di test anticorpale. Al 7 settembre 2022, i test effettuati riguardavano 52.224 persone. A oggi i positivi al test anticorpale sono 478, pari allo 0,9%; si tratta di persone che hanno “incontrato” il virus, ma per le quali non c’è evidenza della malattia. I positivi al test anticorpale vengono sottoposti alla ricerca del virus con test HCV-RNA; risulta positivo il 18% (il 22%, se effettuato solo su maschi; il 16% se solo sulle donne).
“Lo screening è un passaggio importante, a volte fondamentale perché permette di avviare i pazienti verso i percorsi più appropriati per prevenire lo sviluppo di una malattia del fegato o scongiurare sue complicanze, in primis il tumore”, commenta la vicepresidente della Regione e assessore al Welfare, Letizia Moratti. A livello di Ser.D. e carceri è stata conclusa la gara per ciò che concerne l’acquisizione dei test rapidi per la determinazione degli anticorpi per l’Hcv. “Fra pochissimi giorni saremo in grado di partire intanto con i test anticorpali”, afferma il dott. Roberto Ranieri, direttore Unità Dipartimentale Sanità Penitenziaria ASST Santi Paolo e Carlo Milano, intervenuto in occasione del corso di formazione Ecm dal titolo I Ser.D. Lombardi e l’Offerta Diretta della Terapia dell’HCV: la Gestione dei Test e dei Farmaci, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo incondizionato di AbbVie.
“Coloro che saranno individuati come positivi nei test anticorpali proseguiranno invece poi con un test per la determinazione della carica virale Hcv-Rna, per evidenziare se abbiano o meno una epatite cronica e se quindi debbano essere trattati per l’epatite.”
Occorre ridurre il numero di visite mediche, il numero di incontri del paziente con i sanitari. Può quindi essere abbreviata innanzitutto la durata del percorso che porta alla diagnosi, in alcuni casi arrivando al trattamento anche soltanto per mezzo della risposta dei test anticorpali dell’Hcv-Rna attraverso il calcolo di alcuni punteggi che studiano la presenza di una cirrosi, per la quale sarebbe altrimenti necessaria l’esecuzione di una ecografia epatica prima dell’inizio delle cure.
“Il criterio 12 Aifa permette di iniziare il trattamento anche in assenza di questi esami, e questo è un altro motivo di abbreviazione, di accorciamento dei tempi per l’inizio del trattamento. Quindi, iniziare comunque anche al di là di conoscere il genotipo del paziente, la situazione epatica, a meno che non si dubiti la presenza di una cirrosi.”
“L’altro modo per accorciare [i tempi] è quello di ridurre al minimo possibile gli incontri con il medico, ovvero semplicemente all’inizio del trattamento, alla prescrizione e poi al controllo dell’esito, cioè 12 settimane dopo la conclusione del trattamento stesso”, continua Ranieri. “Nelle tappe intermedie, a meno che non siano richiesti prelievi ematici, ovvero cirrosi o altre situazioni, può essere svolta questa attività anche da altre figure, ad esempio l’infermiere, che consegna i farmaci e controlla l’eventuale presenza di effetti collaterali per informare il medico.”
“È auspicabile che si raggiunga una politica del Point of Care per 2 motivi: per la popolazione che afferisce ai Ser.D., perché rappresenta il serbatoio dell’infezione da Hcv; per la tipologia di presa in carico che i servizi hanno con i pazienti, che è una presa in carico prolungata, multidisciplinare, che permette una relazione significativa con i pazienti”, dichiara il dott. Marco Riglietta, direttore Medico, S.C. Dipendenze – ASST Papa Giovanni XXIII. “Risulta quindi più facile agganciarli e gestire diagnosi e trattamento all’interno dei servizi. Direi quindi che è auspicabile.”
Fonte: clicmedicina.it