Che fine ha fatto lo screening gratuito contro l’epatite C? A chiederlo è un’interrogazione parlamentare presentata dalla vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera, Michela Rostan (Gruppo Misto). Destinatario è il ministro della Salute, Roberto Speranza.
I fondi stanziati
Nel 2019 il decreto Milleproroghe stanziò 30 milioni di euro per il 2020 e 41,5 milioni per il 2021, con l’obiettivo di avviare in via sperimentale uno screening gratuito destinato ai nati negli anni dal 1969 al 1989, per i soggetti seguiti dai servizi pubblici per le tossicodipendenze nonché per i soggetti detenuti in carcere, al fine di prevenire, eliminare ed eradicare il virus dell’epatite C (Hcv).
“Il 17 dicembre 2020 – ricorda il testo dell’interrogazione – la Conferenza Stato-Regioni ha siglato l’intesa sul decreto relativo allo screening nazionale gratuito per l’eliminazione del virus dell’epatite C, dopo che il Governo ha accolto le proposte di modifica presentate dalla Conferenza delle regioni, tra le quali la richiesta che la sperimentazione si concluda il 31 dicembre 2022”. Nella stessa data, la Stato-Regioni dato il via libera alla ripartizione delle somme.
Screening Hcv al palo e trattamenti in calo
“Dall’approvazione della norma all’elaborazione del decreto attuativo che ne disciplina le modalità – sottolinea la deputata Rostan – è passato un anno e nel frattempo, anche a causa dell’emergenza pandemica, sono diminuiti in modo significativo i trattamenti dei pazienti con epatite C e la campagna di screening non è ancora entrata nel vivo”. Sui trattamenti Rostan avverte: “È necessaria una ripartenza immediata, soprattutto per non perdere di vista l’obiettivo dell’eliminazione del virus dal nostro Paese entro il 2030, come proposto dall’Organizzazione mondiale della sanità”.
I soggetti più a rischio e la rete dei SerD
“È necessario dare attuazione al disposto normativo – sottolinea Rostan – partendo dalle categorie di soggetti indicati dalla normativa vigente che rappresentano un serbatoio di diffusione del virus, come i consumatori di sostanze stupefacenti per via endovenosa, tra i quali, secondo alcuni studi di FederSerD, il 30-60 per cento può aver contratto l’Hcv e ogni consumatore iniettivo può infettare almeno 20 persone nell’arco di tre anni dal contagio. Per avviare la campagna di screening tra i consumatori di sostanze – prosegue la deputata – si può valorizzare la rete dei Servizi per le dipendenze (SerD) che sono attivi nelle Asl e che quindi sono presenti su tutto il territorio nazionale, prevedendo ad esempio dei modelli di presa in carico semplificata in cui i SerD diventino dei veri e propri ‘point of care’ in cui effettuare sia gli screening sia la somministrazione della terapia”.
Le domande
Al ministro della Salute l’interrogazione parlamentare chiede innanzitutto quale sia lo stato di attuazione dello screening nazionale e se “se le risorse stanziate per la realizzazione degli screening siano nell’effettiva disponibilità delle regioni e, in caso contrario, quali siano gli ostacoli che ne impediscono la fruizione”. Poi incalza Speranza sull’opportunità di adottare “le iniziative di competenza per avviare subito gli screening partendo dai soggetti più a rischio, quali i consumatori di sostanze stupefacenti, valorizzando il ruolo di sanità pubblica dei Servizi per le dipendenze”. E infine chiede al ministro di valutare “una proroga della sperimentazione degli screening per l’eliminazione del virus Hcv, dato che il 2020 – conclude Rostan – è trascorso in modo purtroppo infruttuoso a causa dell’emergenza pandemica”.
Fonte: aboutpharma.com