Anisap, Federbiologi e Federlab sul piede di guerra: «Dobbiamo constatare che non ci è stata nemmeno richiesta una disponibilità a poter dare un contributo alla realizzazione di un pregevole progetto di screening a favore della popolazione lucana»
La nota
«Ancora una volta registriamo una discriminazione delle strutture sanitarie accreditate di Basilicata da un progetto che, invece, avrebbe dovuto includere gli specialisti del settore. Ci riferiamo ai laboratori di analisi cliniche privati accreditati che non sono stati contemplati nello svolgimento della campagna di screening della epatite C. Probabilmente non siamo stati considerati utili, come al contrario per le farmacie, alla causa dello screening, come, invece, avviene in altre regioni d’Italia (probabilmente più illuminate). Utili e determinanti lo siamo stati, però, in pieno periodo di pandemia, in cui i laboratori hanno dato prova, semmai ce ne fosse bisogno, di sostenere, integrare e, in parte, sostituire il servizio pubblico. Ancora oggi riceviamo attestazioni di stima e ringraziamenti dalla popolazione lucana. Ma a quanto pare, nei programmi di screening regionali (vedi cancro al colon, cancro cervice uterina) una volontà superiore ritiene che non possiamo essere di aiuto. Noi, invece, siamo sicuri che l’adesione al programma da parte del cittadino sarebbe di gran lunga più alta se i laboratori accreditati ne fossero parte integrante, se avessero un ruolo fattivo. Il successo di una campagna di screening passa inevitabilmente e primariamente attraverso una partecipazione massiccia del cittadino. Del resto accogliere ed accettare pazienti per finalità diagnostiche, ogni giorno a migliaia in tutta la regione, è la nostra mission; altro tipo di “strutture” dovrebbero, invece, inventarsi. Sì, perché, per quanto possa essere stato descritto come un progetto di facile attuazione, il paziente va accolto ed accettato nel rispetto di norme a sua tutela come ambienti autorizzati allo scopo, procedure di accettazione nel rispetto della privacy, personale specializzato dedicato, refertazione da parte di specialista di un dato analitico ancorché con metodica (ricordiamolo) a rivelazione non strumentale, consulenza sul risultato analitico ed avvio del paziente alle indagini di approfondimento diagnostico. Ricordiamo che i test per la diagnosi, la conferma e il monitoraggio della epatite C sono da molti anni eseguiti di routine nei laboratori accreditati di questa regione, anche e soprattutto, dove i laboratori pubblici non sono in grado di eseguirli. Dobbiamo constatare, però, che non ci è stata nemmeno richiesta una disponibilità a poter dare un contributo alla realizzazione di un pregevole progetto di screening a favore della popolazione lucana. Non vogliamo risultare contrari e distruttivi verso un progetto di grande validità per la popolazione lucana, la cui salute è assolutamente un nostro obbiettivo primario, ma dobbiamo necessariamente evidenziare che l’assenza dei laboratori accreditati della regione è inaccettabile.
Dell’innovazione e del cambio del modus operandi promesso in numerose occasioni, anche pubbliche, da parte istituzionale e governativa non se ne vede neanche l’ombra. Il solco segnato dai precedenti governi ed amministrazioni regionali non solo rimane, ma si consolida sempre più, inesorabilmente, in una “autostrada del pregiudizio” verso un settore che di fatto e legittimamente ha tutte le carte in regola per poter e dover partecipare ad iniziative come questa. Insomma, chi ha il dovere di garantire per la salute del cittadino lucano, deve declinare, una volta per tutte, il significato di termini come autorizzazione, convenzione e accreditamento di cui si fregiano le strutture sanitarie accreditate di questa regione».
Fonte: ilmattinoquotidiano.it