L’obiettivo dell’OMS di eliminare l’HCV entro il 2030 ha aumentato la consapevolezza della necessità di piani di screening a livello mondiale. L’Italia ha introdotto programmi di screening per l’epatite C (HCV) come parte delle strategie di sanità pubblica per rilevare precocemente le infezioni e fornire trattamenti tempestivi. Dal 2015 sono stati avviati più di 264.000 trattamenti (ultimo aggiornamento Aifa del 17 giugno 2024), con l’obiettivo di raggiungere l’eliminazione di questa infezione virale, come previsto dall’OMS.
L’obiettivo OMS in realtà è composto da più sotto-obiettivi e i trattamenti avviati hanno già permesso di raggiungere il sotto obiettivo di ridurre del 65% la mortalità correlata all’HCV.
I dati attuali rivelano una grande eterogeneità nelle modalità di invito, aderenza e modelli organizzativi tra le diverse regioni italiane. In media, come precisa un comunicato stampa dell’AIFA dello scorso febbraio, solo il 30 % della popolazione target è stata invitata attivamente allo screening dell’epatite C e solo il 21% degli invitati ha effettuato lo screening, rappresentando mediamente il 6.6% di tutta la popolazione target da testare.
Il dato del 30% è una media, esistono popolazioni target per cui l’invito e l’adesione allo screening sono stati più alti, raggiungendo tra i detenuti quasi il 50% e il 60% rispettivamente e tra gli utenti dei SerD il 69% e 86% rispettivamente.
E’ importante continuare a sensibilizzare la popolazione generale e informare sulle campagne di screening. Ancora oggi sono infatti migliaia le persone che hanno contratto il virus ma non lo sanno perché non presentano sintomi. L’infezione però se non viene fermata con i trattamenti che oggi abbiamo a disposizione, efficaci in poche settimane e sicuri, può progredire compromettendo la funzionalità epatica.
L’Italia si è abbastanza distinta nell’approccio a questa infezione virale, infatti, il fondo dedicato per lo screening della popolazione generale, oltre che per le popolazioni target come i detenuti e gli utenti dei Servizi per le Dipendenze (SerD), rappresenta un intervento di salute pubblica quasi unico nei paesi dell’Unione Europea.
In Italia, è stato stimato che lo screening mirato alle persone nate tra il 1969 e il 1989 potrebbe essere la strategia più efficace.
Al 30 giugno 2023, quindi un anno fa, il Ministero della Salute riportava che solo il 61.1% della popolazione nata tra il ’69 e l’89 con infezione attiva, veniva avviata al trattamento; questa percentuale era del 55% considerando i pazienti afferenti ai SerD e del 56.7% per i detenuti negli istituti penitenziari.
La regione Lombardia ha anche avviato uno studio a livello territoriale sull’HCV nella popolazione generale nata tra il ’69 e l’89 e frequentante ospedali e centri di raccolta sangue ambulatoriali nella regione Lombardia.
Lo studio prospettico e multicentrico è stato sostenuto dalla Regione Lombardia e ha
visto come primo nome la dott.ssa Roberta D’Ambrosio, Epatologa presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano.
Tra giugno 2022 e dicembre 2022, a tutti i soggetti nati tra il 1969 e il 1989 e ospedalizzati o che accedevano ai centri di raccolta sangue ambulatoriali in Lombardia sono stati offerti gratuitamente i test anti-HCV e HCV-RNA. Sono stati esclusi i pazienti con nota positività all’anti-HCV, con o senza trattamento precedente. Le caratteristiche demografiche sono state caricate su una piattaforma web regionale.
Allo studio hanno partecipato 120.193 individui che sono stati sottoposti a screening dell’HCV in 76 centri di screening in Lombardia: l’età media era di 44±6 anni, il 65,2% erano donne e l’83,7% sono stati testati presso centri di raccolta sangue ambulatoriali.
Il test anti-HCV è risultato positivo in 604 (0,50%) soggetti: età media 47 (±5) anni, 51,1% donne.
La sieroprevalenza dell’HCV era più alta negli uomini rispetto alle donne (0,71% contro 0,39%; p<0,0001), negli anziani (p<0,00001) e nei ricoverati rispetto ai pazienti ambulatoriali (p=0,0007).
L’HCV-RNA era rilevabile in 125 su 441 (28,3%) soggetti anti-HCV positivi con HCV-RNA disponibile. I pazienti con infezione attiva da HCV avevano un’età media di 46±6 anni, prevalentemente maschi (56,8%) e sottoposti a screening (p<0,00001).
Complessivamente, la prevalenza dell’infezione attiva da HCV nella popolazione generale era dello 0,10%, variando a seconda dei gruppi di età (p=0,001) e risultando più alta negli anziani.
Per tale motivo, prevalenza maggiore negli individui più anziani, potrebbe essere considerata l’estensione di tali programmi di screening opportunistici a coorti di nascita anteriori.
L’ampliamento della fascia di screening permetterebbe di individuare precocemente altre persone, inconsapevolmente infette, e collegarle al trattamento riducendo anche i costi sanitari.
R. D’Ambrosio et al., A territory-wide opportunistic, hospital-based HCV screening in the general population from Northern Italy. The 1969-1989 birth-cohort. EASL 2023
Fonte: pharmastar.it