Entro la fine dell’anno in quasi tutte le Regioni italiane sarà avviato lo screening gratuito per l’epatite C. I primi a partire potrebbero essere detenuti, afferenti ai SerD e poi i tra il 1969 e il 1989. È quanto emerso nel corso dell’evento FASE II: cronoprogramma e modalità operative pro screening HCV.
L’evento è stato promosso dall’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) e dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), con il patrocinio di EpaC onlus, e realizzato con il contributo non condizionato di AbbVie.
Ad aprile il Governo ha varato il Decreto attuativo (ex-post Decreto “Milleproroghe”) che destina 71,5 milioni di euro all’avvio di una strutturata attività di screening a livello nazionale, fondamentale per l’eliminazione del virus dell’HCV; lo scorso 8 luglio il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Il testimone è successivamente passato in mano alle Regioni che negli scorsi mesi si sono messe al lavoro per completare le fasi istruttorie, definire i piani operativi e avviare in tempi rapidi le attività di screening.
«Alle Regioni è stato affidato il compito di utilizzare al meglio e presto le opportunità offerte dall’introduzione dello screening per l’epatite C su scala nazionale, affinché non vengano mai meno i vantaggi terapeutici dei farmaci antivirali», ha sottolineato Elena Carnevali, membro della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati. «Siamo l’unico Paese al mondo che, grazie a un fondo dedicato allo screening per l’Hcv inserito nell’ emendamento al Decreto Milleproroghe, ha messo a disposizione una cifra pari a 71,5 milioni di euro per avviare una campagna gratuita. Ora bisogna dare seguito ed effettività allo stanziamento e le istituzioni continueranno ad impegnarsi affinché il Piano messo in atto sia garantito in modo uniforme ed efficace in tutte le Regioni».
«L’obiettivo di eradicazione del virus dell’epatite C fissato per il 2030 è un traguardo che, a causa dei vari ritardi accumulati, rischia di non essere raggiunto. In primavera ho presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere al ministro Speranza di accelerare i tempi di elaborazione del Decreto attuativo; fortunatamente ad aprile è arrivata l’emanazione ufficiale e nei mesi successivi le Regioni si sono adoperate per partire con le attività», ha chiarito Michela Rostan, Vicepresidente XII Commissione Affari Sociali della Camera.
«Ora è necessario un ulteriore sprint da parte di tutti gli attori coinvolti per avviare gli screening in ambito locale e recuperare il tempo perso. Solo in questo modo l’Italia potrà tornare ad essere un punto di riferimento nel contrasto alla patologia a livello internazionale».
Delle 17 Regioni italiane toccate dal tour di ACE, solo in pochissime sono state avviate delle attività preliminari di screening sulle popolazioni in target. Le restanti hanno annunciato che stanno terminando le fasi istruttorie e preparatorie per poter avviare, prima della fine dell’anno, le attività di screening. Il ministero ha fissato al 31 gennaio la prima deadline per il monitoraggio che prevede l’invio di report dettagliati da parte dei referenti regionali.
«La crisi sanitaria ha causato un’inevitabile battuta d’arresto nell’avvio delle attività di screening gratuito sui nati tra il 1969 e il 1989, sugli afferenti ai SerD e sui detenuti. Il nostro paese non è più in linea con l’obiettivo di eradicazione fissato per il 2030, ma riprendendo a pieno ritmo e riprogrammando le attività, è possibile recuperare il tempo perso», ha sottolineato Alessio Aghemo, segretario dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) e professore di Gastroenterologia, all’Humanitas University. «Ora però è necessario uno sforzo importante da parte delle Regioni e delle istituzioni locali affinché i fondi siano utilizzati al meglio. A distanza di mesi dall’ufficialità della disponibilità del finanziamento, sono ancora insufficienti i programmi avviati per uno screening di massa. Ci auguriamo che le Tavole rotonde promosse da ACE possano essere state un utile strumento di sensibilizzazione sul valore della prevenzione».
Nelle Regioni dove sono state implementate delle primissime attività di screening, come ad esempio Lombardia e Piemonte, alcune aziende sanitarie o specifici centri specialistici hanno avviato dei progetti pilota. In queste Regioni un ruolo significativo è giocato dagli hub e centri vaccinali Covid che vengono sfruttati per effettuare dei test HCV sulla popolazione generale. In Regione Basilicata sarà previsto un coinvolgimento dei medici di medicina generale ai quali sarà inviato un kit ad hoc per effettuare i test in occasione delle visite ambulatoriali.
Nelle altre Regioni sono in fase di definizione i tavoli tecnici che si occuperanno dell’elaborazione dei documenti programmatici che guideranno le attività di screening.
«La serie di Tavole rotonde realizzate da ACE nelle 17 Regioni ha fatto emergere una situazione piuttosto allarmante», ha aggiunto il direttore scientifico SIMIT Massimo Andreoni. «Purtroppo a tutt’oggi a livello locale non sono stati avviati programmi di screening ed emersione. Tutt’al più sono partiti dei piccoli progetti pilota che però sono volti a testare campioni molto esigui e lontani dalle numeriche attese dalla campagna prevista dal Decreto. Oltretutto anche nelle strutture come i SerD e gli istituti circondariali, le attività di screening sono rallentate per mancanza di organizzazione e di strutture adeguate. Risulta, pertanto urgente dare impulso immediato alle attività e strutturare programmi ben definiti che permettano di intercettare i soggetti positivi e avviarli rapidamente al trattamento».
«I fondi stanziati sono un ottimo punto di partenza ma fanno parte di un “fondo sperimentale», che scade a fine dicembre 2022, ha affermato Ivan Gardini, presidente di EpaC onlus. «Considerati i limiti posti dal periodo pandemico e il ristretto periodo di tempo disponibile per terminare lo screening, è molto probabile che molte Regioni avanzeranno una parte consistente delle risorse già assegnate. In tal senso ritengo sia fondamentale un intervento del ministero della Salute volto al vincolo delle risorse e all’estensione dell’utilizzo dei fondi erogati fino a totale esaurimento.
Tuttavia, la soluzione ottimale per risolvere definitivamente diverse criticità emerse, e anche per venire incontro alle Regioni a Statuto Speciale che non hanno ricevuto fondi, è quella di introdurre i test diagnostici per l’epatite C gratuiti nei LEA, per tutti i cittadini, al pari di altre malattie infettive. Inoltre, credo sia fondamentale definire la totale gratuità del percorso diagnostico terapeutico a tutti coloro che risulteranno affetti da epatite C cronica, come avviene per tutti gli screening gratuiti attualmente promossi dal Servizio Sanitario Nazionale. Diversamente, dovranno essere le Regioni a coprire i costi previsti per giungere alla diagnosi completa prevista per il rilascio dell’esenzione 016. Le Regioni dovranno poi affrontare anche altri costi, come ad esempio campagne informative e attività di formazione.
In sostanza, ci aspettiamo un impegno concreto affinché si passi dal concetto di screening “sperimentale” a screening strutturato, finanziato anche per gli anni a venire, fino a raggiungimento degli obiettivi di eliminazione stabiliti dall’OMS».
Fonte: HealthDesk