Milano, 1 dic (askanws) – Oggi l’epatite C si cura in modo efficace, con farmaci antivirali che riescono ad eliminare l’infezione in poche settimane e con pochissimi effetti collaterali. Ma in Italia circa 280mila persone – secondo le stime – ne sono affette senza saperlo.
La malattia, che spesso non dà sintomi, provoca per altre 100mila persone gravi danni al fegato. E tra coloro a cui viene diagnosticata, il 20 per cento la affronta ad uno stadio avanzato del danno. Ecco perché occorre trovare chi ne è affetto prima che il decorso della malattia danneggi irreparabilmente l’organo.
La soluzione, secondo gli studiosi, è nello screening su larga scala della popolazione adulta.
Loretta Kondili, ricercatrice del Centro nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità, ne ha parlato a un simposio organizzato al Congresso nazionale SIMIT.
“L’Italia è uno dei pochi, quasi l’unico Paese al mondo, che ha investito sull’eliminazione dell’epatite C. Abbiamo un fondo – spiega la ricercatrice – di 71,5 milioni di euro per le popolazioni chiave: persone che usano sostanze, detenuti, popolazioni in cui il virus ha le più alta diffusione. Si auspica quindi di effettuare uno screening per l’infezione di epatite c, a partire dalla fascia 30-50 anni, e proseguendo, si auspica già dal prossimo anno, con le coorti tra i 50 ai 70 anni, al fine di identificare tutti gli infetti e avviarli alla cura”.
Questa fascia di età è quella più a rischio. “Le persone tra i cinquanta e i settanta anni – afferma Kondili – sono anche quelle che hanno una prevalenza alta dell’infezione nella popolazione. E anche probabilmente una progressione della malattia nel fegato. Quindi è molto importante identificare il virus dell’epatite C soprattutto se si trovano segni dei danni al fegato, come un aumento anche minimo delle transaminasi”.
Grazie alla disponibilità di cure efficaci e sicure, uno screening esteso a queste generazioni consentirebbe – secondo gli esperti – di salvare migliaia di persone dalle conseguenze gravi della malattia HCV correlata, spesso presente ma non diagnosticata tra chi ha il diabete, malattie renali o cardiovascolari.
“L’eliminazione dell’epatite C entro l’anno 2030 – conclude la ricercatrice – è un obiettivo globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, grazie all’utilizzo di questi farmaci di altissima efficacia nell’eliminare il virus. In Italia grazie alle politiche sanitarie a favore dello screening si auspica che si raggiungerà questo obiettivo dell’Oms entro il 2030”.
Fonte: askanews.it