Roma, 13 maggio 2020 – L’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) ha lanciato, ad inizio aprile, in piena fase di lockdown, una survey fra suoi soci, per verificare l’impatto dell’emergenza sanitaria sulle attività cliniche epatologiche in Italia.
Dal documento scaturito da un articolato sondaggio tra i soci AISF, clinici di varie specialità (tra tutti gastroenterologi, internisti e infettivologi) che si occupano di epatopatie in Italia, risalta che l’emergenza sanitaria ha portato, necessariamente, ad un cospicuo ridimensionamento di alcune attività, talora essenziali, e addirittura alla sospensione (attualmente ancora sine die) di altre. In particolare, nel report della survey è descritto come, in maniera abbastanza uniforme sul territorio nazionale, almeno un terzo dei reparti ospedalieri che si occupavano di epatopatie in Italia prima dell’emergenza Covid-19 ha visto un ridimensionamento delle sue capacità operative (posti letto di ricovero, day-hospital e day-service), ed addirittura un quarto di essi è stato totalmente riconvertito in reparto adibito ai soli pazienti Covid-19.
Altrettanto importante è stato l’impatto sulle attività legate allo screening ed al follow-up dei pazienti epatopatici, con la riduzione o la sospensione delle visite ambulatoriali anche nei casi più “delicati”, quali i pazienti scompensati e/o con epatocarcinoma e/o in lista per trapianto di fegato e/o trapiantati.
Da ultimo, uno degli aspetti più colpiti è stato quello delle nuove terapie antivirali per l’HCV, campo nel quale l’Italia, grazie ad un notevole impegno dei clinici e delle istituzioni, era considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sul “binario giusto” per puntare all’‘eliminazione’ del virus entro il 2030. Infatti, anche per questo aspetto, pochi sono stati i centri in grado di continuare a svolgere la normale attività di dispensazione delle terapie che sono state garantite solo ai casi gravi.
L’AISF invita ad una doverosa riflessione sulle ricadute che la pandemia da SARS-Cov2 ha avuto, ed avrà, sulla sanità pubblica e sullo stato di salute della popolazione italiana per quale, nel prossimo futuro, ci si dovrà confrontare anche con i danni indiretti che tale situazione ha provocato.
Sui risultati della survey il Segretario dell’Associazione, prof. Salvatore Petta, ha dichiarato: “Ciò che è emerso della nostra ricerca è un quadro della situazione, ancora attuale, delle difficoltà incontrate nella nostra pratica clinica, ma anche delle capacità di adattamento che la classe di epatologi italiani ha mostrato. Inoltre, la survey rappresenta, a nostro avviso un’importante fonte di notizie utili nel prossimo futuro, nel quale il ripristino delle attività clinico-assistenziali dovrà essere necessariamente equilibrato fra le esigenze di protezione dal contagio e di continuità di cura”.
Alcune malattie del fegato come la cirrosi e l’epatocarcinoma sono tra le maggiori cause di morte e di ricovero in ospedale per gli italiani. In particolare, il nostro paese vanta il triste primato di avere una delle mortalità per cirrosi epatica più elevate in Europa. I pazienti affetti da malattie epatiche sono in gran parte pazienti ‘cronici’ con necessità di cure continuative e di controlli periodici, senza i quali essi rischiano un aggravamento della loro condizione e l’insorgenza di complicanze ulteriori come l’epatocarcinoma, con cure via via sempre più difficili e costose, fino al trapianto d’organo.
Fonte: insalutenews.it