La lotta alle epatiti virali è al centro di una due giorni di dibattito dove gli epatologi ospedalieri si confronteranno. Focus sull’abbattimento delle barriere e sulla semplificazione dei processi di accesso alle cure come determinanti per l’eliminazione dell’HCV.
A un mese dalla Giornata Mondiale delle Epatiti, promossa dall’Oms per il 28 luglio, e all’indomani del Congresso dell’Easl – European Association for the Study of the Liver, specialisti di diverse discipline si ritrovano a Caserta per affrontare gli sforzi necessari nella lotta alle Epatiti virali. La nuova strategia prevede un ruolo centrale degli Epatologi Ospedalieri, costantemente presenti sul territorio e in grado di favorire progetti di micro-macroeliminazione dell’Epatite C. A questo proposito, emerge come significativo il “modello Caserta”, dove sono stati realizzati numeri straordinari, apprezzati a livello internazionale.
Le Epatiti virali rappresentano un problema di salute globale: 300 milioni di soggetti sono affetti da Epatite B, almeno 55 milioni HCV; a questi si aggiunge anche il virus dell’Epatite Delta, che in Italia si stima che coinvolga dai 6 ai 12 mila pazienti. Queste epatiti possono rimanere a lungo latenti, ma, possono essere altresì evolutive portando a complicanze anche fatali come cirrosi ed epatocarcinoma.
“Oggi si dispone di importanti strumenti – sottolinea Antonio Izzi, Presidente Cleo e Dirigente Medico Presidio Ospedaliero Cotugno, Napoli – L’Epatite B può essere prevenuta con il vaccino, mentre nuove terapie emergenti come il Bepirovirsen possono silenziare il virus aumentando la percentuale di soggetti che perdono l’antigene di superficie (HBsAg) e potenziando l’azione degli attuali farmaci che ne sopprimono la replicazione; l’HCV, grazie ai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAAs), si può eradicare definitivamente in oltre il 98% dei pazienti, in tempi rapidi e senza significativi effetti collaterali; per l’Epatite Delta è recentemente stato approvato da AIFA un nuovo farmaco, Bulevirtide, che impedisce al virus di penetrare negli epatociti e rappresenta in atto l’unica concreta speranza per una malattia orfana seria che altrimenti porta inesorabilmente verso la cirrosi epatica. Restano gli ostacoli degli screening per far emergere il sommerso e del linkage-to-care: per questo gli epatologi ospedalieri si candidano a un nuovo ruolo, che può rivelarsi determinante. La nostra missione è duplice: da un lato fornire un elevato livello assistenziale sul territorio e dall’altro fornire una solida base di aggiornamento scientifico finalizzata ad una best clinical practice, sempre con il paziente al centro”.
Il “modello Caserta” nella lotta all’Epatite C – La Campania è una delle aree d’Europa a maggiore prevalenza di malattie di fegato correlate a virus. Da questo dato negativo, a Caserta è nato un modello virtuoso, improntato alla semplificazione nell’accesso alla terapia. “Quando nel 2017 è stato pubblicato il primo report della Regione Campania in cui si confrontavano gli arruolamenti alla terapia eradicante HCV in base ai genotipi ci si è resi conto che i soggetti tossicodipendenti non arrivavano alla terapia, nonostante il 60% dei soggetti affetti da Hcv ha o abbia avuto una storia di tossicodipendenze e l’80% delle nuove infezioni siano dovute a tossicodipendenza – evidenzia Vincenzo Messina, dirigente medico, Responsabile del Centro Prescrittore dei Farmaci Innovativi per la cura dell’Epatite C presso le la UOC Malattie Infettive della Aorn di Caserta – Da qui è partito un accurato lavoro sul territorio: sono stati contattati il Dipartimento delle Dipendenze e le sue UOC, SerD e la UOC Tutela della salute in carcere della ASL Caserta e si è definito, in accordo con la Aorn Caserta, un percorso semplificato, che permette un accesso immediato alla terapia senza liste d’attesa. Abbiamo avviato un rigoroso percorso di formazione e informazione delle strutture del territorio come carceri e SerD, insegnando ai colleghi a fare lo screening del 100% della popolazione sotto la loro gestione, al fine di capire quale prevalenza del virus vi fosse in queste popolazioni, per proporre una diagnosi, un’offerta terapeutica immediata ed un monitoraggio continuo. I risultati sono nei numeri: se in Italia, a fine maggio, risultano trattate 251mila persone con HCV, in Campania poco più di 30mila, presso la UOC Malattie Infettive della AORN Caserta sono più di 2500 persone. Nessun altro centro in Italia può vantare numeri del genere, sostenuti da un solo specialista. Il percorso di cura per un comune cittadino richiede fino a sei mesi per ottenere una diagnosi e l’accesso alla terapia e può arrivare fino a 18 mesi nel caso dei detenuti, attualmente a Caserta e provincia impiega, dallo screening alla terapia un massimo di due settimane per i pazienti dei SerD e di 30 giorni per i detenuti a partire dal prelievo. Nel 2020, il Boston Consulting Group ha considerato il “Caserta Model” come uno dei migliori modelli assistenziali al mondo per l’Epatite C . Alcune aree geografiche sia regionali che extra regionali limitrofe o nazionali hanno applicato la stessa metodologia, a dimostrazione di come sia un modello replicabile su diversi territori per realizzare una macro-eradicazione”.
Il convegno
Caserta “Capitale scientifica delle epatiti”: il 26 e il 27 giugno presso la Sala Consiliare della Camera di Commercio ospita l’iniziativa del Cleo – Club Epatologi Ospedalieri “VIII International Viral Hepatitis Update and clinical practice 2023”, organizzato da Strategie Provider Pescara, e patrocinato da numerosi enti e società scientifiche tra cui ASL Caserta, Aorn S. Anna e S. Sebastiano di Caserta, l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato – Aisf.
Fonte: panoramasanita.it