Ricercatrice principale:
Prof.ssa Filomena Morisco
Progetto realizzato con fondi privati
L’infezione da virus dell’epatite C (HCV) rappresenta una delle cause principali di epatite cronica, cirrosi ed epatocarcinoma (HCC). La via parenterale è la principale via di trasmissione dell’HCV e, nei paesi occidentali, le fonti principali di infezione sono attualmente costituite da tossicodipendenti e dagli strumenti con cui vengono praticati tatuaggi, piercing, agopuntura, interventi odontoiatrici o strumenti non adeguatamente sterilizzati.
Il riscontro occasionale dell’infezione da HCV è molto comune e spesso avviene in ospedale, quando vengono praticati gli anticorpi anti-HCV (HCV-Ab) routinariamente o prima di interventi chirurgici o terapie immunosoppressive. Tuttavia, molto spesso il paziente non è immediatamente messo al corrente del problema e non è indirizzato direttamente ai centri di riferimento per intraprendere la terapia antivirale. Questa mancanza di diretta “presa in cura” determina notevole ritardo nella consapevolezza della malattia e della possibilità di intraprendere cure efficaci determinando in alcuni casi progressione della malattia e sviluppo di cirrosi.
Sulla base di queste premesse emerge l’importanza di effettuare una presa in carico del paziente, una volta identificato, e di orientarlo verso l’approfondimento diagnostico e la cura.
Gli obiettivi del progetto sono pertanto stati:
- Realizzazione di un PDTA aziendale per l’identificazione e il precoce “presa in cura” dei pazienti con infezione da HCV afferenti all’AOU “Federico II” di Napoli.
- Numero assoluto e prevalenza dei pazienti con infezione attiva da HCV (HCV-RNA positivo) e quindi suscettibili di trattamento antivirale
- Tra questi ultimi, percentuale dei pazienti inconsapevoli dell’infezione
- Percentuale di pazienti avviati alla terapia antivirale
- Percentuale di pazienti che raggiungono la risposta virologica sostenuta
Dal 1 Maggio 2020 il laboratorio di virologia dell’AOU “Federico II”, in caso di positività degli anticorpi anti-HCV, procede, dopo consenso informato del paziente, alla successiva esecuzione del test quantitativo dell’HCV-RNA, ed in caso di positività, invia con un sistema telematico un alert ai centri di cura con indicazione del reparto di provenienza del paziente. Il paziente è, quindi, contattato e preso in carico per effettuare la visita medica, per inquadrare la patologia e le indicazioni al trattamento.
Per tutti i soggetti arruolati viene compilato un questionario precodificato per la raccolta delle informazioni socio-demografiche, per l’eventuale esposizione pregressa a fattori di rischio noti, per la presenza di comorbidità.
Viene, quindi, effettuata la visita clinica, il fibroscan, l’ecografia addome ed eventualmente ulteriori esami per valutare la severità di malattia e proseguire l’iter diagnostico-terapeutico.
L’arruolamento allo studio è effettuato da un medico e prevede:
- raccolta di informazioni inerenti all’anagrafica, all’eventuale esposizione pregressa a fattori di rischio noti ed alla presenza di comorbidità;
- esecuzione di HCV-RNA quantitativo, visita clinica, fibroscan, ecografia addome ed eventualmente ulteriori esami per valutare la severità di malattia e proseguire l’iter diagnostico-terapeutico.
Risultati
Dal 1 gennaio al 31 dicembre 2021sono stati effettuati 32.870 test per anticorpi anti-HCV, di cui 583 con riscontro di positivtà per HCV-Ab con prevalenza dell’ 1.7%.
Tra i 583 pazienti Anti-HCV positivi si è rilevato:
- 134 (22%) pazienti HCV-RNA negativi
- 152 (26%) pazienti HCV-RNA positivi
- 297 (50.9%) pazienti per i quali non è stato possibile effettuare l’HCV-RNA.
Tra i 152 pazienti HCV-RNA positivi, 88 già erano a conoscenza del loro stato (57%)
Tra i 152 pazienti positivi, 42 pazienti (27,6) sono stati avviati alla terapia antivirale, tutti con SVR.
Dai dati raccolti si evince che la prevalenza di infezione attiva da HCV tra i pazienti ricoverati risulta essere inferiore rispetto al passato. Il dosaggio di HCV Ab nei pazienti ricoverati e la sorveglianza attiva al fine di identificare i pazienti con infezione attiva “sommersa” costituisce una strategia efficace per il “linkage-to-care”.
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