Su 22.000 test effettuati fino ad oggi in Regione, ben 2.900 sono stati fatti a Lecco. Un numero che pone, per l’attività svolta in queste prime settimane di avvio della campagna, l’ASST in vetta alla classifica lombarda. Segue, giusto per dare un ordine di grandezza, Bergamo con un migliaio di accertamenti in meno. Ed una popolazione ben più consistente.
La risposta data dalla nostra provincia allo screening per l’eliminazione dell’epatite C è motivo, giustamente, d’orgoglio. Ma a ben vedere non sorprende. Del resto il nostro territorio ha dimostrato già in passato di credere nella “prevenzione”. Lo screening per il tumore del colon-retto, per esempio, in periodo pre-covid vedeva l’adesione del 60% della popolazione target, percentuale ben superiore alla media nazionale, come ricorda il dottor Marco Soncini, Direttore del Dipartimento Medico, nonché, da qualche mese, presidente nazionale dell’Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri (AIGO). Per quello – in corso – per il tumore della cervice uterina (HPV) si attendeva la risposta del 30% dei coinvolti, si è già sopra il 50%, aggiunge il dottor Claudio Bonato, a capo del Dipartimento dei Servizi Clinici.
Sono loro due – con ovviamente le rispettive Strutture – i protagonisti, per l’ASST di Lecco, del programma, finanziato da Regione Lombardia, con lo scopo di concorrere a centrare l’obiettivo di eliminare l’infezione da HCV – il virus che provoca l’epatite C – come “problema di salute pubblica” entro il 2030 come da indicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“Ogni anno un numero consistente di pazienti viene ricoverato per malattia HCV correlata. Questi pazienti sono solo la punta di un iceberg, i più “scompensati”, arrivati a sviluppare cirrosi epatica o epatocarcinoma, il tumore del fegato che ha quale causa principale proprio l’epatite C” spiega il dottor Soncini, parlando dunque dello screening come dello strumento attraverso il quale fermare la storia naturale della malattia, intercettando soggetti asintomatici ma “infettati e infettanti” come definiti dal dottor Bonato, pronto a sottolineare come, attraverso i test, si vada a cercare l’agente che determinerà poi la malattia in futuro. “Non è dunque, come per i tumori del colon-retto o della mammella, diagnosi precoce. Se le prendi, queste persone le salvi tutte”.
“Anche perché – aggiunge ancora la dottoressa Alessia Riva, professionista dell’unità operativa di Medicina parte con i colleghi Paolo Villa e Roberta Pozzi della squadra di Epatologia coordinata dal dottor Pietro Pozzoni – da qualche anno disponiamo di nuovi farmaci che si sono dimostrati efficaci nel 95% dei casi, somministrati per via esclusivamente orale per un periodo relativamente breve di trattamento (8 – 12 settimane), con scarsissimi effetti collaterale”.
Insomma, dall’Epatite C si guarisce, se curata per tempo. A questo punta la campagna iniziata l’8 giugno e – al momento – destinata ai nati tra il 1969 e il 1989. La popolazione di riferimento non riceverà alcun avviso/invito ma presentandosi a qualsiasi centro prelievi dell’ASST per i normali esami del sangue, verrà resa edotta dalla possibilità di acconsentire allo screening e dunque di sottoporsi al test, gratuitamente, come già fatto, come detto in apertura, in meno di due mesi, da 2.900 lecchesi (dato che include anche gli “intercettati” durante la degenza in ospedale).
“Non aderire a questa iniziativa di salute pubblica è un grave errore”, sostiene il dottor Soncini, rimarcando altresì lo sforzo messo in campo da tutti i professionisti dell’ASST per l’organizzazione e la gestione di una campagna partita con grandi numeri (destinati, fisiologicamente, a calare nel mese di agosto, tradizionalmente poco gettonato per le analisi, come da rilievo del dottor Bonato, con il “suo” Laboratorio chiamato a processare un qualcosa come 3.2 milioni di “esami del sangue” l’anno).
L’1% – come da aspettativa – dei test fino ad ora effettuati hanno rilevato la presenza di anticorpi e dunque l’avvenuto contatto con l’agente infettante. Tali campioni sono dunque stati sottoposti ad una verifica di secondo livello, direttamente in ASST, essendo struttura abilitata a farlo, senza bisogno di richiamare il paziente per un ulteriore prelievo.
Per quattro pazienti è stato accertato il virus. Saranno richiamati dal dottor Pozzoni, referente del programma, per poi essere sottoposti – come spiega la dottoressa Riva – agli accertamenti propedeutici, prima di iniziare la terapia. Gli eventuali soggetti con Epatite C che risulteranno infetti anche da HIV, invece, verranno indirizzati per la presa in carico all’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive, diretta dalla dottoressa Stefania Piconi, coinvolta dunque nella campagna.
14 euro – tutto compreso – il costo sostenuto dal sistema sanitario per lo screening di un positivo. Ben più alti i costi sociali dell’epatite C. “La speranza è di vedere sempre meno cirrosi HCV correlate. Se per l’epatite B abbiamo il vaccino, per la C abbiamo i farmaci”. Arrivare per tempo a somministrarli, al bisogno, la sfida lancia dall’OMS, raccolta dalla Regione con l’ASST di Lecco, non solo metaforicamente, in prima linea.
Fonte: LeccoOnline